Nella sentenza n. 22148 dell’8 maggio u.s. la Corte di Cassazione Penale ritorna sull’ argomento “controllo a distanza dei lavoratori”, per ribadire che l’installazione di telecamere, in assenza di un accordo sindacale o dell’autorizzazione rilasciata dall’ Ispettorato Territoriale del Lavoro, (tramite richiesta su apposito modulo di istanza), produce un reato penale.

La recente decisione ribalta il precedente orientamento in materia (Cassazione penale  n. 22611/2012), ritenendo che l’assenso di ogni singolo lavoratore non ha rilevanza giuridica, in quanto il dipendente non ha, individualmente, la forza per una trattativa alla pari con il proprio datore di lavoro e tale debolezza rende inderogabile la procedura prevista dalla norma.

L’art. 4 della Legge n. 300/70, così come rivisitato dal D. Lgs. 151/2015, recita testualmente:

“1. Gli impianti audiovisivi e gli altri strumenti dai quali derivi anche la possibilità di controllo a distanza dell’attività dei lavoratori possono essere impiegati esclusivamente per esigenze organizzative e produttive, per la sicurezza del lavoro e per la tutela del patrimonio aziendale e possono essere installati previo accordo collettivo stipulato dalla rappresentanza sindacale unitaria o dalle rappresentanze sindacali aziendali. In alternativa, nel caso di imprese con unità produttive ubicate in diverse province della stessa regione ovvero in più regioni, tale accordo può essere stipulato dalle associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale. In mancanza di accordo gli impianti e gli strumenti di cui al periodo precedente possono essere installati previa autorizzazione della Direzione territoriale del lavoro o, in alternativa, nel caso di imprese con unità produttive dislocate negli ambiti di competenza di più Direzioni territoriali del lavoro, del Ministero del lavoro e delle politiche sociali.

  1. La disposizione di cui al primo comma non si applica agli strumenti che servono al lavoratore per rendere la prestazione lavorativa e agli strumenti di registrazione degli accessi e delle presenze.
  2. Le informazioni raccolte ai sensi del primo e del secondo comma sono utilizzabili a tutti i fini connessi al rapporto di lavoro a condizione che sia data al lavoratore adeguata informazione delle modalità d’uso degli strumenti e di effettuazione dei controlli e nel rispetto di quanto disposto dal 1 decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196”.

Il Giudice analizza la norma, ritenendo che nella stessa sia contenuto un preciso onere procedurale, che impone l’accordo con le rappresentanze sindacali (o con le organizzazioni sindacali di categoria territorialmente competenti) in quanto portatrici di interessi collettivi. Esclusivamente queste ultime – o in alternativa l’Ispettorato Territoriale del Lavoro – sono deputate a riscontrare se gli impianti audiovisivi di cui il datore di lavoro intende avvalersi abbiano o meno l’idoneità a ledere la dignità dei lavoratori per la loro potenzialità di controllo a distanza ovvero la loro effettiva rispondenza alle esigenze tecnico-produttive o di sicurezza, così da disciplinarne, mediante l’accordo collettivo, le modalità e le condizioni d’uso.

La diversa condotta del datore di lavoro, costituisce, pertanto, comportamento antisindacale, ai sensi dell’art. 28 della medesima Legge, con la conseguente rilevanza penale (oltre a vanificare le potenzialità del potere disciplinare).

Una volta presa la decisione di installare impianti audiovisivi, o di utilizzare strumenti di controllo a distanza dei lavoratori oppure di avvalersi dei vantaggi introdotti dal co. 2 e co. 3 della suindicata norma, è bene avvalersi di professionisti che:

  • siano in grado di analizzare la fattispecie;
  • procedano alla mappatura degli strumenti di lavoro;
  • favoriscano il processo di accordo con le rappresentanze sindacali;
  • si occupino della obbligatoria redazione dell’informativa sulla privacy dovuta ai dipendenti.