TUTELA DELLA REPUTAZIONE AZIENDALE ONLINE: UN’IMPRESA POSSIBILE, CON LA GIUSTA POLICY

Lo Studio Casiglia-Ronzoni ha da sempre tra i suoi principali obiettivi quello di aiutare le aziende nella costruzione di un ambiente di lavoro che faciliti lo sviluppo del lavoratore e dell’azienda stessa. Animato da questa intenzione, in questo periodo lo Studio ha deciso di dedicare parte della sua offerta formativa alla tutela del patrimonio aziendale: ciò ha portato inevitabilmente all’esigenza di occuparsi della tutela della reputazione, nello specifico di quella che passa attraverso i social media.

Nelle vaste possibilità di un utilizzo individuale e libero dei social media da parte di un dipendente aziendale c’è, infatti, uno spettro in cui l’azienda può intervenire ai fini del mantenimento della sua buona reputazione online, ed è opportuno che lo faccia con richieste regolamentate. Quali sono i confini di questo terreno digitale dove dipendente e azienda s’incontrano? Quali sono le richieste che l’azienda può avanzare al suo dipendente che possiede dei profili sulle differenti piattaforme? Come può essere gestito il rischio reputazionale che deriva da un potenziale comportamento scorretto dei dipendenti? Come può essere tutelato il diritto alla libertà di espressione, diritto di critica e di manifestare le proprie opinioni?

Per rispondere a queste domande si è svolto, il 14 novembre ‘18, il workshop dal titolo Social Media Policy. Norme di comportamento nell’era digitale. Il workshop è stato introdotto dalla dottoressa Cristina Fioroni, consulente del lavoro e responsabile del centro studi e formazione dello Studio, ed è proseguito poi con l’intervento dell’avvocato  giuslavorista Daniela Dal Bo, Partner dello Studio legale Prosperetti & Associati.

È lecito che un’azienda richieda, per finalità di marketing o per ragioni istituzionali che i profili social dei suoi dipendenti siano ricollegati all’azienda, o che vengano creati dei profili appositi con lo stesso scopo. Dal momento in cui il dipendente accetta tale richiesta, e il suo profilo è effettivamente ricollegabile all’azienda, per quest’ultima diviene importante interessarsi al comportamento online del dipendente e ufficializzare alcune buone norme di comportamento in rete che preservino l’immagine dell’azienda. Quello che i consulenti debbono fare è dunque un lavoro di equipe che realizzi la finalità più importante, mantenere l’equilibrio tra diritti del lavoratore e le esigenze dell’azienda, equamente importanti. L’avvocato Daniela Dal Bo ha ben spiegato che la questione si muove tra due poli distinti: da una parte abbiamo la protezione dell’onore, della reputazione, dell’immagine e della credibilità aziendale, dall’altra abbiamo alcuni diritti inviolabili che preservano la libertà di espressione dell’individuo e la dignità del lavoratore; tali diritti di azienda e lavoratore sono entrambi regolati a livello giuridico dalla Costituzione, dal Codice Civile e dallo Statuto dei Lavoratori.

Per l’azienda il rischio di un utilizzo sregolato dei social media da parte dei suoi dipendenti è quello di subire un danno che può ripercuotersi e manifestarsi a più livelli: da una perdita di denaro, di fiducia dei consumatori o dei Clienti, di credibilità e di clientela. Per il dipendente, invece, l’utilizzo incosciente e irresponsabile dei social può comportare anche il licenziamento, nel caso il suo comportamento recasse un grosso danno all’azienda per la quale lavora.

Per poter comprendere meglio l’importanza di questo equilibrio e i confini di diritti e libertà, durante il workshop l’avvocato Dal Bo ha analizzato le sentenze della Corte di Cassazione di alcuni casi di licenziamento per danni alla reputazione aziendale, al fine di comprendere assieme ai partecipanti all’evento quali tra i molteplici Case Study esaminati, siano stati ritenuti illeciti oppure leciti focalizzando volta per volta le motivazioni in relazione ai principi costituzionali.

Analizzando i casi di scontro giuridico in quest’ambito, è emerso chiaramente che nel caso concreto, anche solo un piccolo dettaglio nel comportamento del dipendente, come reazione all’ipotesi del danno, può aver fatto pendere l’ago della giustizia dalla parte del lavoratore o viceversa a favore del datore di lavoro.

Senza un’azione preventiva efficace, in ogni caso, l’azienda sarà sempre messa in una condizione di svantaggio, dal momento che, in caso di ragione giuridica, una sanzione anche espulsiva a posteriori, come il recesso, non potrà mai rimediare a un danno reputazionale.

Risulta chiaro, allora, che il rischio reputazionale rimane una minaccia da evitare, un danno da quantificare, così come il conflitto tra dipendente e azienda. Come fare per istituire una strategia preventiva efficace? Con la redazione di una social media policy adeguata.

Come l’avvocato Daniela Dal Bo ha spiegato durante il workshop, una social media policy non è altro che una faccia meno severa del regolamento aziendale che, con toni meno impositivi e più dialoganti, consente di istituire delle norme di utilizzo dei social aziendali e privati, rispettose delle libertà del singolo e della reputazione dell’azienda per la quale lavora.

Alla luce di quanto detto, una social media policy aziendale si rivela fondamentale perché consente di:

  1. aiutare il datore a fare una valutazione sulla liceità di un comportamento in rete
  2. aiutare il lavoratore a non violare le norme aziendali e quelle comportamentali nel rapporto di lavoro,
  3. aiutare a prevenire un danno al patrimonio dell’azienda e alla web reputation.

È attraverso la social media policy che l’azienda può esprimere richieste ed esigenze circa cosa comunicare o non comunicare sui social, quale comportamento tenere e quale linguaggio utilizzare nei profili aziendali. Non è necessario esprimere divieti ma è opportuno fornire piuttosto delle linee guida, che diano comunque ai dipendenti la loro innegabile libertà di espressione. Una policy efficace è una policy che utilizza un tono non assertivo, che si presenta come alleata dei dipendenti e che rispecchia nel suo stile e nei suoi precetti l’immagine stessa dell’azienda.

L’intricato mondo dei social media può diventare per l’azienda, quindi, non un terreno impervio e pieno di pericoli, bensì un ambiente in cui crescere anche grazie all’operato e alla presenza online dei propri dipendenti. Bisogna tuttavia essere coraggiosi e guardare avanti, decidendo di porre oggi le basi di una convivenza pacifica dei diritti del singolo e di quelli dell’azienda. Ciò non è impossibile: è proprio questa la grande opportunità che fornisce la redazione di una social media policy. Lo studio Casiglia-Ronzoni rimane a disposizione per valutare l’adozione di adeguate policy, regolamenti o anche di piani di formazione interna volti a rendere consapevoli e coscienti delle conseguenze che un click spensierato e irresponsabile comporta.

#RegoliamociCoiSocial

Prima di cliccare pensa! Internet non dimentica, ci vogliono anni a costruire una reputazione e un istante a distruggerla.

Compilando la scheda contatti puoi chiedere una valutazione preventiva della regolamentazione aziendale, del codice disciplinare oppure anche di una Social Media Policy o un parere legale sul tema della regolamentazione interna e la contrattazione aziendale chiedendo a  consulenza@casigliaronzoni.it

Articolo a cura della Dott.ssa Valeria Presti  linkedin